Che si pratichi a livello agonistico in un grande centro specializzato, amatoriale, nella palestra di quartiere, o, come accade specialmente a chi cresce in provincia, invadendo il parcheggio teoricamente adibito alle auto sotto casa, la prima cosa che si impara dallo sport è l'importanza dello spirito di squadra. Una caratteristica, questa, che Diadora non ha mai perso di vista, lavorando negli anni per apportare un contributo fondamentale alle performance degli atleti che hanno scritto la storia italiana. L'ultima dimostrazione è arrivata nell'ipnotica cornice dell'Arsenale dello Sport di Venezia, dove il 23 aprile 2024 si è tenuto l'annuale Innovation Summit allestito dal brand per presentare e celebrare i traguardi raggiunti in materia di innovazione nel settore dello sportswear. Attraverso uno speciale exhibition tour che univa passato, presente e futuro, il team di esperti Diadora ha illustrato gli studi e i dettagli che hanno condotto alla definizione delle nuove tecnologie Blueshield, XT, Anima, Anima N2 e Anima PBX come anche alla realizzazione delle tre nuove calzature del Race Pack, rispettivamente rinominate Lungo, Velocità e Gara Carbon, immaginate per rivoluzionare le prestazioni dell’atletica leggera e delle sue discipline. A completare il quadro, confermando il ruolo di Diadora come insuperabile alleato che da sempre scende in campo con le eccellenze del Belpaese, atleti come Samuele Cecarelli, Antonella Palmisano e la new entry, svelata a sorpresa, Larissa Iapichino.

Lunghista classe 2002, a soli 16 anni Larissa si è classificata tra le migliori 10 prestazioni italiane di sempre nella sua disciplina con un salto di sei metri e 64 centimetri. Ad oggi detiene il record mondiale nella categoria under 20 con un risultato di 6,91 metri e quello italiano assoluto con un salto di 6,97 metri. Cosmopolitan l'ha incontrata proprio all'Arsenale dello Sport, a pochi minuti dall'annuncio del suo ingresso nel team Diadora, per parlare di questa nuova avventura e del suo rapporto con la moda, in un viaggio tra sport, trucchi di stile e sogni nel cassetto.

Come ti senti per questa collaborazione con Diadora?

«Sono molto onorata perché è un brand storico italiano, simbolo di italianità, ed è sempre bello poter portare un po' di Italia con me nelle mie competizioni in giro per il mondo. È un brand storico, ed iconico, anche perché grandissimi sportivi hanno fatto parte di questo brand: nella mia specialità e in quella maschile abbiamo due record italiani stabiliti con Diadora, e questo è di buon auspicio, sono veramente molto felice. Quella di Diadora è una famiglia che mi ha accolta sin da subito, hanno questo lato umano che rende veramente molto piacevole lavorarci insieme e hanno costruito una scarpa per me, basandosi sostanzialmente sui miei salti [la Carbon lungo, presentata all'interno del Race Pack, nda]. Insomma è sicuramente un grande vanto, un grande onore e non vedo l'ora di iniziare questa avventura».

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Qual è il tuo primo ricordo legato a Diadora?

«Delle foto di mio padre [l'astista Gianni Iapichino, nda] che era sponsorizzato da Diadora quando era più giovane, della Nazionale italiana e del gruppo sportivo della polizia. Il destino ha voluto che io e mio padre ci siamo un po' ritrovati insieme a Diadora. È un po' come se fosse una legacy, un passaggio di testimone, perché Diadora ha sempre fatto parte di me e della mia famiglia».

Che rapporto hai con la moda?

«La moda mi piace moltissimo, è una passione che mi ha trasmesso mia madre [la lunghista Fiona May, nda] sin da quando ero molto piccola, mi piace seguire le sfilate e ciò che propongono anche da lontano. Cerco in qualche modo di avere un mio stile, di creare una mia identità anche vestendomi, ma di sperimentare sempre, perché non credo che esista una sola strada. Per me la moda è arte, è un modo di esprimersi diverso dalla scultura o dalla letteratura, forse molto più immediata e diretta».

Come definiresti il tuo stile?

«È un po' un misto. Sono una sportiva, quindi il fattore comodità c'è sempre, ma con un tocco di eleganza. Mi piace molto bilanciare le due cose e inserire dei contrasti, che sia anche solo con una nota di colore perché io tendenzialmente mi vesto sempre di nero: cerco sempre di vivacizzare l'outfit con una borsa colorata o un accessorio particolare, lavorando sui dettagli per unire un'anima più elegante con un'anima più sportiva, che sono le mie due anime».

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In che modo essere un'atleta influenza il tuo modo di vestire?

«Forse perché noi atleti cerchiamo molto la comodità, siamo abituati a essere comodi, e poi perché spesso per cercare di ovviare a degli spiacevoli incidenti dobbiamo tenere in considerazione alcune cose: per esempio, non posso permettermi di stare con un tacco alto perché rischio una distorsione, quindi magari è preferibile indossarlo occasionalmente, poi sempre sneakers e stivale».

Un capo o un accessorio per te indispensabili?

«Il mio marchio di fabbrica è il capotto lungo. Amo i capotti lunghi, li metterei anche d'estate. Ne ho anche abbastanza, bianco, nero, grigio e sui toni del marrone, e mi piace anche giocare con i materiali».

Un personaggio a cui ti ispiri?

«In realtà non mi ispiro a una persona in particolare, cerco sempre di rubare qualcosa che mi piace e mi salta all'occhio da chiunque, anche da persone comuni, non necessariamente famose. Non so, sono una che ruba tanto per imparare dagli altri, ma senza dimenticare mai la mia identità».

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Quali sono le sfide che hai dovuto, e devi, affrontare in quanto donna nel mondo dello sport?

«Allora, io sono probabilmente una delle persone più fortunate perché non ho avuto momenti molto challenging sotto questo punto di vista e mi reputo fortunata perché sento storie di persone che hanno avuto tutta altra esperienza. L'unica cosa che dico è che forse il mondo dello sport ha i suoi difetti, ma nella maggior parte dei casi riesce in qualche modo a essere un ambiente molto inclusivo. Io parlo del mio sport, l'atletica, che in realtà è uno sport molto femminile perché siamo moltissime donne a praticarla, forse più degli uomini, e per quella che è la mia esperienza, ma ho parlato anche con delle mie colleghe che mi hanno confermato che è così: siamo fortunate perché abbiamo vissuto un ambiente così tanto inclusivo, in cui c'è ovviamente la differenza di categoria, ma quello è abbastanza fisiologico. Siamo abituati a stare a contatto gli uni con gli altri, c'è proprio uno scambio continuo: l'atletica è molto universale come sport, per esempio, come forse anche nel nuoto, c'è la staffetta mista, la 4x4, che viene corsa da due uomini e due donne, in cui chiaramente tutto è proporzionato: la prima frazione viene corsa dalle donne, la seconda dagli uomini, ed è un modo per mischiare queste due categorie. Quindi forse è proprio per l'ambiente che mi ha circondato, l'environment che mi ha circondato, che per me lo sport è inclusivo, sotto tutti i punti di vista. Io tuttavia parlo della mia esperienza, non voglio essere una persona che parla per tutti, perché magari c'è qualcuno che l'ha vissuta in un modo diverso».

Un consiglio che daresti a chi sogna di diventare un atleta?

«Di non perdere mai la spensieratezza tipica di quando si inizia a praticare uno sport da piccoli. Essere uno sportivo è sempre un privilegio, perché ti permette di fare della tua passione il tuo lavoro: il campo diventa il tuo ufficio ed è pazzesco, si tratta di una fortuna immensa secondo me. Quindi di divertirsi, di prenderlo per com'è, perché è chiaro che il tuo lavoro necessita di impegno e senso di sacrificio, però è pur sempre sport e in primis deve essere una cosa che fa piacere fare, non deve diventare un peso. E di prenderla con leggerezza, di essere consapevoli che sia tra le persone più fortunate e di godersi il processo, perché la strada non sarà mai in discesa, ci saranno momenti orribili e quello succede sempre, però di goderselo perché effettivamente fa parte del gioco: infortuni, momenti no, sono tantissime cose che possono succedere lungo il tragitto, però alla fine fanno parte della vita, parte dello sport, e senza questi momenti sicuramente non riusciremo a goderci le vittorie a dovere».

Il tuo sogno nel cassetto?

«Laurearmi. Sto studiando giurisprudenza, e lo sto facendo con moltissima calma perché non ho molto tempo, però mattoncino dopo mattoncino vorrei raggiungere questo traguardo. È una materia che mi appassiona molto, e quindi il mio sogno del cassetto, oltre a quelli sportivi, rispetto ai quali sono molto più scaramantica, è quello di potermi laureare».

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